domenica, dicembre 23, 2007

KILLER KEBAB


Era da parecchio che non entravo nel Bar la Notte. Ora si chiama Bar Marcello e anche il banchista tagliagole tagico non c'è piu. Quando chiedevo "il solito" mi davano cartine e sigarette. Sto Marcello invece ha fare da sospettoso. Chiudo la finestra per evitare che entrino gli anatemi e le maledizioni che una zingara lancia al proprio aguzzino.
Trecentoseccantasei giorni di blog. Non sono più un bambino.
Ma chi è che parla?

lunedì, novembre 12, 2007

The dark side of the Grex


Sono un fanatico della parte nascosta delle persone. Molti la sfuggono per paura delle conseguenze, io no, io la cerco. Come la tachicardia che ti ricorda che sei vivo. Il panico, sentimento secondo solo a quello dell'amore.

giovedì, ottobre 25, 2007


Mi capita spesso che il momento più bello della giornata sia quello in cui mi infilo nel letto la sera. Capita quando al rientro trovo le coperte disfatte dal mattino e scivolo nuovamente, riempiendo la sagoma sotto la coperta, così come lo avevo lasciato al mio ultimo risveglio. E' un po' come tornare all'utero materno o di abbracciare qualcuno nel sonno, di cui forse si sente la mancanza o forse no.
Capita quando nella stessa giornata vai alla ricerca di mille risposte, di piccole cose o di cose grandi, tipo un cruciverba o la pace nel mondo, ma l'unica risposta che ottieni è:
"pò esse che è così o pò esse che nun è così...".

lunedì, ottobre 01, 2007

sono entrato nel groove

Ho capito tardi il significato di radical shic, ma mi è andato subito di traverso, come il political correct d’altronde. Negli anni, da piccolo Lord, sono diventato un rude scaricatore di porto. Sputo per terra e dico parolacce. Non sopporto scendere a compromessi e non amo la diplomazia. Per non parlare della democrazia, quella vera proprio non esiste. Mettere tutti d’accordo è impossibile, questo atto sublime sono riuscito ad applicarlo solo nella mia cucina.
Da anni il mio menu tipico consiste in 4 elementi fondamentali, pasta (preferibilmente corta), carote, ceci in scatola e scatoletta di tonno. Chi si può scordare grandi capolavori culinari dell’epoca lwcost quali pasta con tonno e carote o pasta con tonno e ceci o tonno ceci e carota, talvolta pasta e carota e altre carota e basta. Piatti semplici e gustosi, facili da pulire e soprattutto economici. Mentre ti mangi le tue fagiolate ti sembra di essere Bud Spencer ma in verità sei diventato un tonno. Dov’è la giustizia, dov’è la dignità, dove sono le mousse, il pate en croute e la salsa veloutèe. Al ristorante, il semplice fatto di avere un nome francese, attribuisce ad una pietanza un valore inestimabile. A fantasia in cucina non sono da meno ma un velato sospetto mi sforna l’invidia.
Volete le mousse e io v’accontento. Con l’aiuto del mio minipimer sono finalmente entrato nel groove, a tempo di musica frullo i miei 4 elementi, fino a trasformarli in deliziose creme, in mousse e souce. Eccolo il prodigio, l’eleganza e la raffinatezza in un piatto di tonno e fagioli, con una rivoluzione di sapori, dove tutti gli elementi sono mischiati fra loro senza prevaricare uno sull’altro, morbide sul palato ma decise nel sapore. La vera democrazia.

Primo fra tutti ricordiamo il Pollo alla Shrek della scuola catalana e l'indimenticabile Noce Mosca-ta e le sue Spose. Provare per credere!

venerdì, settembre 07, 2007

Depressione Caspica - ultimo stadio


Oggi è stata una di quelle giornate che quando finisce tiri un sospiro di sollievo. Non dico che sia stata particolarmente brutta o sconveniente, no, semplicemente faticosa e per certi tratti triste. Non che non abbia ricevuto la mia dose quotidiana di attenzioni e di baci che mi sono necessari per mantenere l'ego rigoglioso.
Poi mi danno sempre del calabrese e molti sanno che più permaloso del calabrese c'è solo il russo. So che sono mistificazioni e luoghi comuni e sono abituato alle valutazioni superficiali. Mi dicono anche di condividere con gli altri la mia mente e il mio pensiero ma io mi sento comunque un incompreso. Il problema è che non riesco a decidere se preferire lo status di incompreso, che è lo stesso dei geni, o tentare il tutto per far riconoscere, non dico la veridicità, ma almeno la fondatezza di quello che dico, di quello che faccio.
E per dimostrare al mondo tutto ciò, voglio ringraziare tutti quanti, come dice sempre il caro Ivano. Grazie grazie! Grazie a Tony, a Mariella e al Michele. Grazie a Laus12 per la fiducia e lo stesso a Ruth. Grazie a BAk per la magia e grazie a Joanne per le lezioni di inglese. Grazie a Carlo per i gelati e in fondo grazie anche a me stesso. Ma il ringraziamento più caloroso lo mando a Sofia che mi ha dato una lezione di vita dicendomi: quando la saggezza bussa alla tua porta, scappa dalla finestra!

domenica, settembre 02, 2007

sabato, settembre 01, 2007

dove sono i cccp

Giovedì notte mi hanno rubato la bici, l’avevo comprata neanche quattro mesi fa. Non è la prima volta e ho reagito con molta calma all’accaduto. Tolgo il sellino alla bici quando la parcheggio, come espediente contro i ladri, il risultato però è che la mia stanza è piena di sellini appesi come trofei. E io senza bici non ci so stare, è qualcosa di essenziale per me. Io senza bici è come un barman senza bar, come Rambo senza i comunisti, come un Boy Scout senza totem. Ho bisogno di essere sempre in movimento. Ora le distanze si allungano e la pigrizia si impadronisce di me, e io detesto la staticità.
Fra pochi giorni si torna a scuola e mi tocca fare i conti con le promesse non mantenute. Proprio come quando facevo le medie o le superiori, l’essere il primo della classe comporta dei sacrifici, in cui non riesco proprio ad impegnarmi. Fantasticare con audacia sulla professoressa di matematica era molto più intrigante di qualsiasi soluzione algebrica. Mi ricordo quella volta che, non sapendo che pesci pigliare, portai mia sorella in fasce a scuola, con la disperazione negli occhi rivelai di essere un povero ragazzo padre. La cosa intenerì anche il cuore più duro e io passai l’anno in maniera esemplare. L’anno successivo, non sapendo nuovamente che pesci pigliare, decisi di puntare sulle scherzo e rivelai tutta la verità. Anche quella volta non ebbi problemi grazie al bonus simpatia.
Giovedì notte è stato anche l’ultimo giorno di lavoro. Fra non molto ne inizierà uno nuovo. Lunedì sui banchi di scuola e i compiti ancora da fare.
Uno dei camerieri mi ha chiamato Rambo.
-Perché sei troppo forte! Mi dice. Ma colgo un velo di ironia nella sua voce.
E comunque sia Rambo è un bel film e c'è una bici che non mi ruberanno mai, è quella rossa che gira a sinistra.

mercoledì, agosto 29, 2007

...ma ho fatto tardi davanti al pc.


Oggi sono tornato a casa presto. Secondo l'ora legale italiana sono le quattro meno un quarto ma la cosa non mi tocca, d’altronde nel posto dove vivo io non si utilizza l'unità di misura temporale. Ed è pure per questo che a lungo ho creduto di essere il frutto di uno scambio di culle intergalattico. Qualcuno ultimamente, ha messo in dubbio questa spiegazione, non avevo prove. Infatti non ne ho e con la famiglia avrò sempre quel legame infinito, che suona come una condanna. Ho saputo all'inizio di questa estate che mio padre ha posto le sue speranze, di diventare nonno, proprio sul sottoscritto. Fra 47 figli, doveva pensare proprio a me? E il tutto mi è stato confidato da mia nonna, la mamma di mio padre. Perfettamente in linea con il figlio, manifestava il desiderio di diventare bisnonna. E guardate che detto da mia nonna incute enorme rispetto. Dovete sapere che mia nonna aveva fatto la guerra e lavorava in una fabbrica di cannoni. Un giorno realizzarono un cannone che provocava fame perpetua. Lo scopo era quello di piegare il nemico con la fame. Lei si offri, con altri valorosi patrioti, a testare sui propri corpi la potenza dell'arma. Fu un fallimento, il progetto venne abbandonato quando si resero conto che provocava solo obesità. Da allora porta i chili di quella esperienza, e resta il fatto che una figura imponente, che è mia nonna, può piegare qualsiasi volere. Le puoi solo girare intorno e scappare via. Ora devo capire se, per fare dispetto, non lo devo fare o al contrario lo devo fare? Intanto a mia nonna ho risposto che io invece voglio diventare un personaggio dei Simpson, che non è il massimo come risposta, pare che i due desideri non si equivalgono, ma di meglio non mi è venuto in mente niente. Ci fu un tempo infatti, in cui mi nutrivo di Simpson e Smashing Pumpkins, ma questa cosa mia nonna non la può capire.

lunedì, agosto 27, 2007

stati di agitazione

Questa idea me la messa in testa Ferretti. I suoi brani hanno rimbombato nelle mie cuffie per tutta l’estate. Certo non sono proprio quello che non studia, non lavora, non guardala tv, non va al cinema e non fa sport. Ho sempre fatto qualcosa, anche se una sola,comunque mi sono tenuto sempre occupato. A periodi e nel peggiore dei casi mi è capitata addirittura la tv. Che periodo sia questo mi è difficile stabilirlo. So che è saturo di stati di agitazione, che non è come il panico ma piuttosto come quella leggera vergogna di essere un uomo buono. Insofferenza in poche parole.
Quando ho iniziato a polemizzare da solo allo specchio ho deciso di cambiare la play list. Non sono in grado di avercela con tutto il mondo, talvolta mi viene da ridere ma sono permaloso e continuo a tenere il broncio.
Mi tolgo però l’ultima soddisfazione, quella di sfogare i miei lamenti senza censure ne pudori, in questo spazio, il mio blog, dove nessuno verra mai giudicato, perché nessuno rappresenta nessuno e se qualcuno rappresenta qualcuno, costui è sicuramente un figlio di puttana.

sabato, agosto 18, 2007

ad un amico

Dedico queste due righe all'amico Felix, per la fraterna amicizia e per le belle serate passate a chiaccherare. Alle ragazze dal petto generoso ma dalle gambe corte (come le bugie), a coloro che sono convinti che Colombo fosse spagnolo (o addirittura catalano) e a tutti quelli seduti in prima fila, posto unico, allo spettacolo della solitudine.

mercoledì, luglio 18, 2007

daysleeper

Avevo dimenticato oramai da tempo di come funzionassero le cose dalle parti vostre, di giorno intendo dire. Di giorno le cose le vedi con un’altra luce, le vedi con più chiarezza, per quello che sono, senza trucchi ne inganni. Mi dice che ha viaggiato per il mondo, che parla tante lingue:
-ai spik in inglish veri vell, lo spagnòl e lo fransese! Sei cittadino del mondo? No, sono un ubriacone…
Vivere di notte è diverso. Non hai mai sonno e l’hai sempre. Vivi come in un sogno, vivi nei sogni delle persone. Poi ci sono quelli come te, quelli che per un motivo o l’altro dividono con te questa dimensione al neon. E sono sogni pure loro, sono un dejavù, li conosci tutti ma non ne conosci nessuno. Di giorno invece non li conosci e basta. Vanno tutti di corsa senza sapere neanche il perché, come se volessero accelerare il tempo, ma certe cose sono possibili solo nelle fiabe o nei sogni.
Mi ricordo bene perché decisi di vivere di notte, avevo stabilito un patto con la luna e non la potevo tradire ma ora sono tornato a riprendermi quello che mi sono perso per strada. Da adolescente facevo cose da grandi, ora (con la presunzione di definirmi adulto) faccio cose da adolescenti. Ci provo almeno ma indubbiamente sono del tutto fuori corso.
Il fatto è che ho sempre avuto la comicità ma mi sono sempre mancati i tempi comici. Fosse facile fare la cosa giusta nel momento giusto. Di notte invece vanno tutti al rallentatore, come nei sogni, il tempo (e tutte le unità di misura) perdono di valore. Nessuno si accorge se arrivi tardi perché nessuno aspetta.
Poi mi viene in mente la frase del saggio: non tornare mai indietro, neanche per prendere la rincorsa!

giovedì, luglio 05, 2007

La storia della sorella Lazer


Questa non è proprio una vera storia, più che altro è una intuizione. Mi capita spesso di averne, diciamo anche che in linea di massima la maggior parte di esse ha scarso valore. Vi faccio un esempio: vi siete mai accorti che The Wall e Fight Club hanno la stessa identica trama? Semplicemente non si tratta di illuminazioni vitali e ciò che non è indispensabile è zavorra. Ci sono anche le eccezioni, è vero, ma di sicuro questa, fa parte della categoria.
Io sono cresciuto in una tipica famiglia russa, numerosa e rumorosa. Noi eravamo 47 figli, 28 femmine e 19 maschi. Come tutte le persone, ognuno di noi aveva delle cose e quando le cose erano troppe e non bastava più lo spazio, qualcuno se ne andava e lasciava spazio per altre cose. Fra tutti vi era una delle sorelle, la ventitreesima se non sbaglio, che accumulava più cose di tutti quanti. Curioso, per un periodo ho provato a emularla ma l'esperienza non mi ha insegnato a carpirne lo sballo, decisi di disfarmi di tutto. Mi disfai anche della famiglia per un po’, d’altronde era zavorra anche quella.
La sorella numero 23 è stata molto utile nella mia infanzia, le marachelle che combinavo talvolta venivano oscurate dalle sue, questo aveva stabilito un taciturno accordo di tolleranza reciproca.
Mentre io giocavo a fare il matto mi resi conto che lei non giocava affatto. Ebbi la mia rivelazione leggendo una rivista di divulgazione scientifica. Ero perplesso dal fatto che nessuno oltre me riuscisse ad accorgersi dell'evidenza, cercai quindi aiuto in letture specializzate. Trovai risposta negli ultrasuoni, che secondo quanto diceva un articolo è un suono così alto nella scala delle frequenze che il nostro orecchio non lo percepisce. Ecco, mia sorella era come un ultrasuono, ossia era così matta, ma così matta da diventare impercettibile.
Onde evitare di scoprire il motivo della mia lungimiranza decisi di rispettare l’accordo.

mercoledì, giugno 13, 2007

un Americano a Roma


Sabato scorso era una gran bella giornata. Il sole era alto nel cielo così come la voglia di marinare il lavoro, ma non si può. Inoltre c'è una manifestazione e aimè voi non lo sapete, ma anche questi di eventi sono parecchio remunerativi, al punto che i mille ristoratori fanno il pieno di Peroni e buttigliette d'acqua che con tanta gioia vendono agli stessi su cui poco dopo sputano. Ma non importa, sta di fatto che parteciparvi non ne avevo comunque la più ben che minima voglia. Non avevo neanche capito bene se manifestavano contro la venuta di Bush o se era contro la guerra, perchè entrambe le cose non si può, non sono compatibile. Per la pace metti i fiori nei fucili, per Bush potresti anche azzuffarti. Che poi, in fin dei conti, anche se l'americano è uno di quelli che per via della mia cittadinanza mi impedisce a viaggiare nel mondo, credo che questo sia un diritto anche del più antipatico del mondo: per me quindi, Bush vai dove cazzo ti pare...
E poi davvero, la giornata era splendida e il lavoro non pesava. Quando ad un tratto (evidentemente perchè era contro Bush e basta) parte la prima pietra, proprio sulla vetrata della banca di fronte a dove lavoro io. Scoppia il panico e arriva l'esercito. Nel nostro locale si barricano una cinquantina di persone, protetti dalle vetrate anti sfondamento, mentre fuori sbirri e guerriglia urbana fanno come una danza (mi pare di averla vista anni fa in un documenterio che parlava di galli ruspanti). Oltre al personale vi erano americani e spagnoli. Gli americani bravi boy scout si mettono tutti al piano sotto, come in un buncher (manco ci fosse una guerra atomica), spaventati ma convinti nel trionfo della giustizia imbandiscono un mini ospedale da campo, ma non ci sono feriti, non ancora. Gli spagnoli bontemponi tutti sù con la birra in mano e la macchina fotografica nell'altra. Erano le otto circa, orario di aperitivo, il banco è imbastito di prelibatezze commestibili e il personale si nutre. Da qualche parte il ghiaccio si scioglie dentro un Americano, avevo dimenticato il mio bicchiere da qualche parte in mezzo a tanti altri quando la gente è ruzzolata dentro. Si perchè io l'Americano me lo bevo! Mi piace molto ma solo se ci si mette una goccia o due di angostura (che è un amaro concentrato) e non si esageri con la soda, importante anche il twist-lemon.
Ma la cosa più sconvolgente stava solo iniziando, iniziavano i primi sproloqui. Come fuori volavano sassi e manganellate dentro volavano cazzate. Ero nell'occhio del ciclone e non potevo fuggire. Allora mi sono collegato ad internet con il pc del locale e ho creato un nuovo blog.
Si chiama cronachelowcost.blogspot.com ed è una accozzaglia di amici a basso costo che raccontano storie di vita a basso costo.
Vi chiederete il perchè di questo gesto, semplice: l'alternativa era un post sul perchè mia sorella sia un ultrasuono.

sabato, giugno 09, 2007

ricordatevi di non toccare la donna bianca

-Padre, perchè mai non mi hai difeso?
-mangiavo delle ciliegie figlio.




martedì, giugno 05, 2007


Spesso mi capita di pensare, soprattutto rileggendo queste righe, e a domandarmi dove si cela il vero genio della scrittura. Ho sempre creduto che i particolari fossero il sale della vita, cioè che fossero veramente le uniche cose di cui valeva la pena parlare. Nessuna trama regge un primo piano, di quelli fatti a mestiere come solo pochi sanno fare. Poi mi sono reso conto che a spulciare i particolari non si finisce più, sono troppi e allora nuovamente ti trovi nella difficoltà di scegliere quelli più salienti. Quindi si traccia una trama, nuovamente, e il particolare perde il suo fascino di semplice ed inutile particolare, nuovamente. Si può andare all'infinito, così ho pensato ancora. Ho pensato che forse il vero genio della scrittura fosse il silenzio. Cioè, la cosa più bella e geniale che si possa comporre è la pagina bianca. Non parlo di una cosa virtuale, tipo: è impossibile da comporre e quindi il genio dove si trova? No, voglio dire che qualsiasi parola scritta o detta sarebbe sprecata, cosa c'è di più commovente e poetico di una pagina bianca. La guardi è leggi, leggi quello che vuoi e gli dai il significato che preferisci. Se vuoi piangi e se ti garba ti fai anche qualche sincera risata. Di conseguenza tutte le cose che scrivo su queste pagine (virtuali) dovvono essere per forza delle cazzate.
La cosa non mi ha stupito poi tanto, nelle mie manie di onnipotenza posso anche aver pensato in maniera molto lusinghiera di quello che scrivo, ma era come essere ubriachi tutto d'un fiato e siccome sono un bevitore abituale ho attutito in fretta il colpo.
Però ci rifletto un pò sù, e ovviamente mi viene in mente una cazzata. Questa cazzata la dedico all'amico Bak e a tutti i cari amici che oggi o ieri (dipende sempre dal vostro fuso orario) mi hanno portato un po' di gioia. La cazzata è questa: il mio peggiore difetto, così come il peggiore difetto per un uomo, è l'indecisione. Sia chiaro è veramente il peggiore difetto ma rimane senza dubbio di gran lunga il più affascinante di tutti.

martedì, maggio 29, 2007

mercoledì, maggio 23, 2007

K COME PINOKKIO

Da che io mi ricordo l’unico K che conosco sono io. Da piccolo ero l’unico con un cognome che iniziasse con una lettera così inusuale. Mi è capitato parecchie volte di lasciare la firma con una semplice K, non pensavo che ci fossero degli altri. Pensando a K famose, mi vengono in mente Kurt e SPZK. Il primo può essere tante cose, un cantante tossico di successo o un personaggio altrettanto strambo di un libro. Il secondo invece era la sigla di SpazioKamino un centro sociale che si trovava vicino a dove abitavo da piccolo. Un triste giorno SPZK venne sgomberato senza che nessuno se ne facesse un gran problema e al suo posto ci fecero una ludoteca che venne data alle fiamme poco dopo. In giro per il quartiere, sui muri, per tanto tempo ancora si potevano vedere i vecchi graffiti che ne rappresentavano il simbolo, la sigla e la memoria. Si presentava più o meno così:Anni dopo la Wolt Disney rubò il marchio e ne fece un personaggio secondario di un suo famoso cartone animato. Questo personaggio si presentava più o meno così:Successe che da non molto, un ulteriore K, che non sono io, ha lanciato una discussione su una serie di libri, tra cui Pinocchio. Ora, io penso, di essere un lettore appassionato e instancabile ma è pure vero che sono diventato tale solo superata una certa età. Il primo libro che lessi è stato Robinson Crusoe all’età di circa 6 anni. Saltavo le pagine e a volte facevo direttamente finta di leggere. Era una lettura imposta e gia all’epoca davo segni d’avversione verso le imposizioni, quindi mentivo spudoratamente quando mamma mi interrogava. Successe quindi che di Robinson mi ricordo poco o nulla e che nella mia infanzia lessi ben poco. Mica per noia, è che era un modo per andare contro. Contro Il giusto e lo sbagliato, contro la cultura e le tre lauree di mio padre, contro le morali degli altri, contro casa russia la quale si presentava più o meno così:Quando affinai la mia fame letteraria, diventai vorace da divorare qualsiasi cosa. Sono arrivato al punto d’aver letto una collana di romanzi Harmony che qualche sciagurato aveva dato a mia madre per esercitarsi con l’italiano. Il caso volle però che saltai, per eccesso di età, quella parte dei classici dedicata all’infanzia.
Presi la decisione. Dovevo aderire all’invito di K, almeno per una simpatia fonetica e dovevo assolutamente leggere Pinocchio.
Spargo la voce, ma non mi riesce comunque trovarne uno in prestito. Decido di affidarmi alla rete e scarico la versione in Acrobat della prima edizione con tanto di illustrazioni d'epoca.
Sono arrivato al punto in cui Pinocchio dice -Come mai sapete che ho detto una bugia?

mercoledì, maggio 16, 2007

martedì, maggio 08, 2007

Primavera estate 2007 tempo di rinascere


Mia madre mi diceva sempre quando ero piccolo “…se le cose le devi fare falle bene e fino in fondo, altrimenti che le fai a fare?”. Io la prendevo in parola e quindi preferivo non fare. Che poi in verità vi dico che mia madre una cosa del genere non la diceva mai, anzi quello che Lei mi diceva sempre era “…ricordati che l’uguaglianza non esiste!”, che è come dire che non è vero che siamo tutti uguali, che non è vero che abbiamo tutti i stessi diritti e che nulla ci è dovuto. Fu allora che conobbi il significato della parola utopia. Che poi mia madre è stata sempre una persona estremamente mite (e anche un po’ pigra). Ed è vedendo negli anni la sua pelle marcire e il suo rancore fermentare, per il tempo che scorre, per le occasioni mancate, per i sogni dimenticati, che ne ho colto il significato. Credo ora che il suo discorso si possa riassumere in una sola parola: meritocrazia. Nella quale non sono poi tanto convinto e perché a differenza di mia madre sono convinto che in fondo, qualcosa, sia davvero dovuta, così, a priori.

Che poi io la pigrizia invece me la sono ereditata tutta e quindi in verità vi dico che pur essendo un gran lavoratore pecco di continuità e non è il senso del dovere che mi spinge a lavorare bensì il senso della fame. Ne deduco quindi che, secondo certi canoni di valutazioni io sarei un fannullone buono a nulla e se la meritocrazia fosse una legge penso che sarei in galera. Che poi lo è davvero, ma è una legge universale, che non ha nulla in comune con le valutazioni dette prima. E' qualcosa tipo “quello che semini raccogli” o “la merda viene sempre a galla”…
L’altro giorno ho raccolto una spiga di grano alla stazione di Stella Polare dopo aver passato una mattinata in questura per ritirare il nuovo permesso di soggiorno. Che poi non era mica una spiga di grano ma fa lo stesso. Insomma la stacco e la porto con me a Roma. E mentre attraverso il biondo Tevere decido di combinare un matrimonio, per poter rinascere, come i due sanguinari assassini in Natural Born Killer. Ho preso la spiga, simbolo della vita, e lo gettata nelle acque torbide del fiume dal centro del ponte dell’Industria. Speravo di rinascere un po’ meno pigro e con qualche altra cosetta di poco conto, solo che a metà volo ci ho ripensato e ho espresso un altro desiderio in fretta e furia prima che la spiga, lanciata come una freccia, toccasse il pelo dell’acqua. C’è stata della confusione insomma. Il matrimonio non si è fatto e lo dicevo io che le cose le devi fare bene e fino in fondo.

lunedì, aprile 23, 2007

sabato, aprile 21, 2007

VOGLIO LA CASA SULL'ALBERO



La vita mi ha portato a cambiare nella mia breve vita tante case. Ho cambiato abitazione sia seguendo la famiglia sia seguendo me stesso. Ne ho visto parecchie e le ricordo tutte con piacere, anche se una in particolare probabilmente rimane la mia preferita. La casa russia, la casa dove ho vissuto il periodo più lungo fino ad adesso.
Era un appartamento al quarto piano con le pareti color porpora in corridoio e un verde smeraldo nelle stanze. Era proprietà del sacro e sovrano ordine altissimo dei Cavalieri di Malta, quindi al momento della nostra occupazione era pieno di cavalieri in miniatura fatti in bronzo e altri metalli. Ne avevamo di tutti i tipi, a cavallo, in posa da combattimento, in parata e così via. Nel tempo, cadendo le punte delle spade e delle lance si rovinarono tutte, qualcuno perse anche un braccio se non sbaglio. Una guerra. Ora ne rimane uno solo, quello a cavallo, il più bello. Sta caricando e ha la lancia protesa in avanti, sulla punta dell'arma mia madre appende le chiavi.
Ma torniamo a casa russia, la prima. Era la tipica casa russa, di quelle che trovi solo in Russia. Un lungo corridoio con le stanze su entrambi i lati. Ogni muro, ogni superficie è occupata da mensole con libri e tante cianfrusaglie. I libri sono ovunque, probabilmente c’è una mensola anche in bagno. Lo spazio vitale è ridotto al limite, ogni centimetro disponibile è per delle cose. Cose che servono o magari serviranno un giorno, o semplicemente cose che sono servite e non servono più, addirittura la luce riesce con fatica a riempire lo spazio per tutto l’ingombro che c’è . La mia stanza era, per ovvie ragioni, la più scomoda e angusta di tutto il vasto appartamento. Era ricavata da un angolo adiacente la tromba delle scale e la porta d'ingresso. In sostanza l'ingresso era diviso dal corridoio da un sottile separee in vetro ondulato e montatura di legno verniciato a bianco panna. Si affacciava sul cortile interno e almeno, essendo il penultimo piano, arrivava almeno un po’ di luce. Il colore delle pareti era lo stesso bordò del corridoio ma venne presto cambiato in un bianco. La stanza si presentava più o meno così:

Per anni la mia psiche si è modellata a misura di quella stanza. Quando stavo sdraiato nel letto guardando il soffitto, la sua forma mi sembrava perfettamente rettangolare, mentre la mia testa ne prendeva sempre più la somiglianza. La mia concezione della realtà divenne probabilmente lì profondamente distorta. A volte con le pareti bianche e il vetro ondulato (tipo vedo ma non vedo) mi facevano sembrare quel vano una cella di qualche istituto.
La stanza successiva dove ho abitato era molto più grande ed era perfettamente rettangolare. Il bianco delle pareti venne presto cambiato (per la decisione di chi rimane per me tuttora un mistero) in un verde fosforescente tipo il colore delle lettere che leggete. Quando al mattino entravano i raggi del sole, le pareti si illuminavano come un semaforo, vivevo in una casa di kriptonite. Nell'appartamento accanto abitava un tipo poco più piccolo di me, non ci siamo mai filati. Il suo cognome era Gaiofatto, ma ironia della sorte era un lucidone mentre io incominciavo proprio in quegli anni ad abbandonare definitivamente la mia di lucidità.
Ne ho viste altre di case. Ho condiviso stanze con amici e occupato camerette di lesbiche con le pareti piene di foto di donnine nude. Mi sono trovato spesso nella situazione di dover cercare casa. E’ una cosa stressantissima, chiami ma non ti rispondono, l’orario delle visite non combacia col lavoro, non sei abbastanza cool, no perché sei maschio, no è basta, troppo lontano o troppo caro, no fumatori, no extracomunitari ecc. Non è come quando la casa la compri e la scegli per bene, in questo caso sono loro che ti scelgono e tu speri solo il meglio. E’ una cosa imbarazzante e anche fastidiosa. Per non parlare che devi essere con mille occhi perché i pacchi sono frequenti.
Dopo più di un anno che vivo in questa casa, mi trovo all’improvviso coinvolto in una ricerca del terzo compare per la stanza liberata. Sono passato dall’altra parte della barricata, ora sono io che ho in mano la sorte di chi, come me una volta, viene alla ricerca di un posto nel mondo.
A vedere la stanza è arrivato un fiume di persone. Di tutte le razze, studenti, lavoratori, inventori, cercatori di fortuna. La stanza in questione è la più piccola ed è rimediata da un vecchio sgabuzzino, le misure sono all’incirca di tre metri per tre, si presenta più o meno così:
Qualcuno vedendola non è riuscito a trattenere un sincero riso. Altri, quelli più disperati, sono stati capaci di tentate corruzioni e ruffianerie di ogni genere. Il mercato offre attualmente, un buon traffico di ragazze dell’est, anche le droghe sono frequenti, ti offrono favori, cercano di ingraziarti con altolocate conoscenze.
Martedì, al momento di staccare dal lavoro (erano le due passate), ho trovato sul cellulare qualcosa come centocinquanta chiamate perse. Tutti, me compreso, vogliono chiarimenti, ma la scelta è difficile.

gioia e rivoluzione #3

mercoledì, aprile 18, 2007




Sono stato sempre un grande amante del dolce dormire. Mi piace dormire a lungo e fare sogni. Ne faccio molti ma difficilmente riesco a ricordarli. Inoltre sogno sempre delle cose pittosto interessanti, la sensazione al risveglio è sempre quella, ma ogni volta che il pensiero di scriverle mi passa per la mente, bastano 3 metri verso la scrivania per spazzare ogni ricordo.
Per capire la faccenda bisogna considerare anche la mia vita sregolata. Tante volte il riposo notturno non è solo per "dormire" quanto per smaltire. Immaginatevi uno in coma, dorme però mica perchè ha sonno, sò tre mesi che dorme.
Ecco, io però sono in una fase della mi vita in cui sto sperimentando nuove sfere della vita percettiva. Quella del lucidone. Ammetto che non mi viene troppo facile. Ogni tanto, ma sempre per mano altrui, cado nella tentazione, ma seza rimorsi.
Uno dei benefici è stato proprio quello di aumentare le mie capacità oniriche ma haimè ha aumentato notevolmente la mia sensibilità alla luce e al rumore di Vaiale Mrconi. Sono mesi che dormo mica tanto bene, mi sveglio di frequente ma faccio un casino di sogni. Certi sono diventati una saga, faccio i sequel e anche i remake. Ho perfezionato addirittura la vista a 360 gradi.
La notte appena trascorsa ho dormito come un sasso. Per quattro ore, ma è stato un calvario.
Ho fatto una serie infinita di mini sogni (mini orrori) in cui venivo sempre accusato e castigato ingiustamente per qualche presunta malefatta da me anche solo premeditata. Sempre uguali, come le puntate di Mac Gyver e Perry Mason. Alla fine di ognuno mi svegliavo tutto infreddolito e mi rendevo conto che era solamente l'episodio successivo e io ero sempre il castigato. In uno di questi c'era mio padre che mi accusava di non so quale truffa ai suoi danni, pareva che gli avesi sottratto una sostanziosa cifra dal conto in banca. Tutte le prove erano contro di me, io sapevo di essere innocente ma ripensavo a tutte le volte che gli ho sfilato dalle biglietti da 10 mila lire e umiliato porgevo il collo al boia.
Per fortuna qualcosa di rumoroso mi sveglia, Lungo si è alzato per andare al lavoro. Mi alzo e vado a fare colazione con il mio vecchio compagno. La settimana scorsa ci sarebbe stato anche Taglia46, ma per ora siamo in due e il terzo ancora non c'è. Erano mesi che non vedevo Lungo con la luce del sole, sembra ancora più alto.
Dopodichè sono uscito a fare la spesa. Erano le 09.00 di mattina e io avevo compiuto già ben due prodigi nonostante fossi stremato dal sonno, volevo evitare a tutti i costi di tornare a dormire, sarebbe ricominciato tutto. E cosi è stato.
Sono tornato a casa e mi sono buttato davanti al pc, inutile dire che ben presto mi sono ributtato nel letto facendo un grande errore. Ho ricominciato a sognare, lo stesso selefilm di prima, la stessa angoscia, le stesse accuse senza senso, svegliandomi continuamente da un sogno all'altro. Consapevole nel sogno prego in un qualcosa che mi svegli veramente (o mi anestetizzi). Squilla il telefonino, speriamo sia il pusher. No, è mio padre.
La telefonata è breve e non basta a tenermi sveglio, anzi. E ricomincia tutto, dal punto interrotto. Sono disperato, voglio svegliarmi, quando il telefonino squilla di nuovo. E' il pusher.
Sono le 13.30, più o meno l'ora in cui mi alzo ultimamente. Ho calcolato che, mettendo in relazione la media nazionale dell'ora del risveglio e la mia usciva una differenza di 8 ore, ovvero il fuso orario che c'è tra Roma e Caracas.
Oggi ho compiuto quattro prodigi: 1) mi sono alzato alle 07.30; 2) ho fatto la spesa; (3) non se pò dì; 4) ho cambiato il fuso orario sul blog.
Ora sto ai Caraibi.

lunedì, aprile 16, 2007

giovedì, aprile 12, 2007

ANCHE I FILIPPINI PIANGONO


Al lavoro, cioè il posto dove mi guadagno da vivere, ho un collega che è quasi un paesano. Dico quasi perché viene dall’Ucraina. Ha circa la mia età e immagino una vita comunque simile alla mia. Di fatto questo non lo posso sapere, mi piace comunque pensare che sia così. Questo però, a differenza del sottoscritto ha un carattere più schivo, molto più chiuso e diffidente. Non ha avuto modo (ma penso neanche la flessibilità e la pazienza necessaria) per potersi integrare nel posto di lavoro, al punto che lui vorrebbe andarsene e i boss lo vorrebbero mandare via. Ma c’è carenza di personale e lui è bravo quindi non se ne fa niente. Comunque stavo parlando degli ucraini. Si dice: una faccia una razza? Ecco, noi lo siamo ancora di più. Lui parla perfettamente la mia lingua nativa e la sua è differente dalla mia, di sicuro meno di quanto lo sia il fiorentino con il romano, tanto per intenderci. Dopo la caduta del muro, molti di loro hanno rivendicato un patriottismo per secoli soppresso, una mancanza che ci ha fatto così simili quasi da non distinguerci. Molti di loro, come me del resto (quando a mio piacimento mi rivelo russo o italiano) non rivelano neanche la loro origine geopolitica reale e si presentano come russi, russi e basta. Tutti sanno dove sia la Russia, non tutti sanno deve sia l’Ucraina o quale sia la sua capitale.Insomma ci siamo trovati a parlare, soprattutto in russo e sul lavoro anche. Una lingua sconosciuta a molti per comunicazioni di servizio è utilissima, e mi sono accorto di come la cosa abbia provocato non tanto stupore quanto un certo timore nei presenti, forse di chissà quale complotto.
Allora mi è venuto in mente un mio compagno delle superiori. Questo invece è filippino. Vi ricordate che una decina di anni fa, quando romeni e africani ancora non si vedevano e i polacchi e gli albanesi erano già andati via, v’erano i filippini. Questi erano ben tollerati, poiché lavoravano sodo e chiedevano poco, ma soprattutto si mettevano quegli occhiali spaziali che solo loro riuscivano a trovare. All’epoca erano rinomati come ottimi domestici e scrupolosi badanti, sapevano cucinare e sopportavano qualsivoglia capriccio di qualsiasi vecchio bisbetico. Non rubavano e sapevano fare degli involtini primavera che erano la fine del mondo, non si lamentavano mai. Insomma, uno dei figli di queste domestiche frequentava la mia stessa classe, era l’unico straniero oltre a me e anche con lui c’era quel legame strettissimo basato non solo su una sincera amicizia ma soprattutto su una reciproca complicità di due emarginati. Si chiamava Valentin Batu (chissà se anche lui leggerà mai queste righe). Insomma, Valentin era un bel tipo, tutto d’un pezzo, alto e robusto per la media dei suoi paesani, ottimo studente e campione di non mi ricordo quale lotta del suo liceo di Manila, cosa che lo rendeva una macchina da guerra indistruttibile, se non fosse che era un ragazzo serio, gentilissimo e pacioccoso. Gli volevo molto bene, gliene voglio tuttora.
Un giorno, uno sconsiderato compagno di classe ebbe la malaugurata idea di beffarsi della sua (diciamo così) posizione sociale. La battuta che fece non la ricordo perfettamente ma suonava più o meno così: MA QUANDO VIENE TUA MADRE A PULIRMI LA CASA? Qualcuno rise, io no. Quel giorno si chiuse dentro se stesso e non parlo con nessuno, neanche con me, pianse in silenzio con il viso nascosto tra le mani. La cosa mi ferì, forse anche quanto ferì lui, mi dispiaceva non riuscire a dargli il mio conforto ma sapevo che era inutile. Il dado era tratto. Stava covando dentro di sé il suo istinto vendicativo, si stava trasformando in una macchina da guerra indistruttibile. Alla fine delle lezioni, fuori dall'istituto, fece saltare 4 denti al tipo con un calcio roteante spaziale. La cosa curiosa è che il “simpaticone” divenne presto suo amico e anche mio, almeno per la durata degli anni trascorsi all’istituto professionale Edmondo De Amicis.

Non voglio scrivere il post su come è dura essere piccolo e nero come Calimero, non mi si confà piangermi addosso e poi da adolescente me ne preoccupavo molto meno della mia presunta integrazione e su quella di tanti altri con la sorte simile alla mia. Certe cose non le capivo, forse per ingenuità. Sta di fatto che sì ho sofferto un po’ ma neanche più di tanto e so di gente che ha patito molto più di me, di Valentin e di tanti altri. Ma fermentava qualcosa anche dentro di me, covavo il mio disprezzo verso le istituzioni, perché erano quelle che ai miei occhi erano la causa di tutto quell’odio, la causa dei confini e della divisione del mondo, che erano la causa delle guerre, delle invidie, della paura, dei sotterfugi, e si può continuare all’infinito. Ecco i confini, gli stati, sono quello che ho rinnegato sempre più nella mia vita. Ero russo, ma se lo dicevo non ci credevano, se dicevo di essere italiano non mi credevano lo stesso. Ora rimango russo e mi sento cittadino (brutta pure questa di parola) del mondo, a sentire gli altri sono calabrese o siciliano e forse a breve (per breve intendo un tempo non ben definito che può essere anche di anni) dovrei prendere la cittadinanza italiana. E la cosa mi fa ridere, e anche tanto. Vorrei strillare al mondo: MA QUALE CITTADINANZA ITALIANA, SEMMAI VOGLIO QUELLA ROMANA!
So di non essere l’unico a pensare che siamo tutti uguali, ma sicuramente sono tra i pochi che sono convinti, che poiché siamo tutti uguali con quale diritto ci impediscono di andare dove vogliamo? Si son fatte delle linee immaginarie che non possiamo oltrepassare, come quando da piccolo al parchetto vicino casa a Ostia si giocava all’Uomo Nero (che è un po’ come 1 2 3 Stella). Nella rete per un periodo ho trovato uno spiraglio di salvezza. Nessun confine, nessun padrone, fuori controllo. Non ero più semplicemente l’uomo nero, ero diventato Toro Seduto nelle verdi praterie virtuali. Ma anche la sono presto arrivati gli Yankee, hanno chiuso Napster, Morpheus, Winmx, anche il caro Er-mule sta per fare la stessa sorte.
Anche Taglia46, che è calabrese per davvero, va a vivere altrove per motivi di lavoro. Anche lui, immigrante nel suo stesso paese. Un pezzo fondamentale di questa casa e di quest’anno e mezzo che ci ho trascorso assieme. Voglio bene anche a lui, e come all’epoca delle superiori, mi dispiacerebbe immaginarlo in una nuova città a combattere o addirittura nascondere l’evidenza e maledire chi la fa notare, il fatto di essere un “terrone”!

Io alla fine ci rido sopra e lo fa anche lui per fortuna e poi hanno tolto la tassazione dalle ricariche dei cellulari e la speranza è l’ultima a morire.

Un bacio a tutti dal pianeta Saturno.




mercoledì, aprile 11, 2007

#3 gioia e rivoluzione


Che cosa v'è di piu adatto a esasperare un malato di gioia se non il volerlo guarire?



martedì, aprile 10, 2007

IL BALLO DI SOFIA #2


Mi ammagliava con i suoi sorrisi.
Tanto che a volte pensavo che un demone l'avesse accoltellata alle spalle o un amante nascosto sotto la gonna le baciasse le natiche.




sabato, aprile 07, 2007

RASHOMON

L’autista
Quella sera tornò a casa sconvolto. La moglie era gia sveglia, attaccava all’alba, il lavoro dell’infermiera era stato sempre così con turni imprevedibili, come quello dell’autista d'altronde.
Invece di andare a dormire le diede un bacio e le raccontò con voce tremante quello che gli era accaduto. Aveva investito un ciclista.
La cosa non era grave, il ciclista non si era fatto poi tanto male ma il giovane autista ne era comunque scosso. Da quando era giovane ha sempre avuto la passione per la bicicletta. Diceva sempre –il ciclista è il vero sportivo, guadagna il giusto e in quella salita ci mette il cuore!
Quando guidava il suo autobus amava ascoltare la musica con le cuffie, la sua preferita era “Il Bandito e il Campione” di De Gregari che parlava delle prodezze del grande Costante Girardengo e del suo amico bandito Sante Pollastri e mentre ascoltava faceva quelle curve strette strette che fanno i ciclisti in tirata davanti al traguardo con la strada completamente sgombera. Nella sua mente, quel macigno di miliardi di tonnellate si trasformava una scintillante bicicletta.
Quella notte era l’ultima volta che faceva il turno notturno, stava guidando il suo 72N che tra le altre si fa tutto viale Trastevere. Aveva appena superato il ministero dell’istruzione che gli fece venire in mente due cose, la prima era il fratello omosessuale che ci faceva l’impiegato, la seconda era il padre che quando era ancora in vita gli diceva sempre di studiare altrimenti l’unica cosa che avrebbe potuto fare era l’autista. Cacciò via il pensiero sostituendolo con uno nuovo, di lui sulla sua bici in maglia rosa, quindi accelerò quel tantino per entrare nella scia. Ad un tratto davanti a se vide una figura in movimento, la strada era buia ma lui capì subito che fosse un ciclista. Non aveva i catarifrangenti e neanche i faretti ma aveva la tipica forma delicata di un gregario rimasto indietro. Lo superò sulla destra poiché il ciclista si era spostato improvvisamente sulla sinistra. Stretta stretta. Voleva guardarlo nello specchietto retrovisore mentre lo superava. Proprio in quello specchietto lo vide scomparire improvvisamente urtato dalla coda del bus. Troppo stretta.
Quella notte l’autista non riuscì a prendere sonno e fece gli incubi per quasi tutta la settimana per i sensi di colpa.

Il tipo
Quella sera tornò a casa sconvolto. Aveva passato la serata con tre amici. Dicevano di avere delle danesi per le mani. Le danesi fanno gola a molti e infatti non si presentarono. E così fecero loro: quella sera si fecero di (in ordine cronologico) 3 grammi di hashish, sei bottiglie da 66 di Beck’s (anche se lui voleva la Menabrea), altro hashish rimediato per strada, chicche che poi si rivelarono solo mentine e 1 e1/2 g di botta che però era piena di purgante per bambini, una bottiglia di Morellino di Scansano e una di pessimo Bourbon americano sottratte dal magazzino di un locale dove erano entrati per pisciare, poi si aggiunse uno che aveva dell’MDM sintetizzato nelle Filippine e terminarono annacquando il tutto con quattro Menabrea da 33.
Verso le quattro e qualcosa erano sulla strada di casa, lui non guidava anche se la macchina era la sua, stava accanto al conducente e smanettava con la radio, gli altri due erano sprofondati negli abissi posteriori. Non stavano andando veloci, la strada davanti a loro era ostruita dal 72N che occupava quasi tutta la corsia e nessuno se ne preoccupava.
Concentrati ognuno sulle proprie visioni chiusero gli occhi per un istante e il caso volle che li chiusero tutti all’unisono. E nello stesso preciso istante li riaprirono. In tempo solo per vedere un ciclista fare un atterraggio di emergenza (pur con qualche difficoltà). Si fermarono. Non tanto per portare soccorso quanto per curiosità. Aveva l’alito che sapeva di alcool e gli girava la testa per tutta la roba ingurgitata quella sera. Si limitò ad abbassare il finestrino e gridare al ciclista –hey! Sei vivo? L’amico al volante non aspettò neanche la risposta e ripartì con una rumorosa sgommata. Andarono a Fiumicino perché qualcuno quella sera gli aveva detto di certi asini che volavano e lui voleva vederli atterrare.
Tornato a casa il giorno dopo non riuscì a dormire e neanche la notte dopo. La quantità di sostanze varie ingerite lo tennero adrenalinico per giorni.

Il ciclista
Quella sera tornò a casa non tanto stravolto quanto rotto. Era giovane e spavaldo, nella guida (e così forse anche nella vita) era fulmineo e un tantino prepotente. Pieno di sé al punto che la sua insofferenza per le istituzioni lo portava a diffidare addirittura delle istruzioni di cottura delle zuppe pronte. Quando pedalava di notte, talvolta gli piaceva lasciare il manubrio e con le mani puntare a fare finta di sparare ai lampioni e ai semafori. Quella notte pedalando stava canticchiando:

E dietro alla curva del tempo che vola
c'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola
se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale
Sante il bandito ha una mira eccezionale
e lo sanno le banche e lo sa la questura
Sante il bandito mette proprio paura
e non servono le taglie e non basta il coraggio
Sante il bandito ha troppo vantaggio.

La strada più corta per la casa gli imponeva una svolta a sinistra dopo una cinquantina di metri, si girò per controllare la via e vide incalzare dietro di lui, con il pettorale 72N un degno avversario. Il semaforo era a suo favore dopo il quale la svolta a sinistra. Quindi accelerò, quel tantino per entrare nella scia e sfruttare la forza centrifuga in curva. Quello lo supera sulla destra rombando. Improvvisamente si trovano uno di fianco all’altro e quello grosso acchiappa il piccolo gregario e con la forza di 600 cavalli lo scaraventa via.
Non era nuovo a cadute in bicicletta ma ebbe come l’impressione, mentre atterrava sull’asfalto, che quella volta l’avesse fatta troppo grossa. Gli furono chiari all’istante le vere sembianze e il peso reale del suo inseguitore. Anche il suo alito sapeva un tantino di alcool.

Ma un bravo poliziotto che sa fare il mio mestiere
sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere
e ti fece cadere la tua grande passione
di aspettare l'arrivo dell'amico campione
quel traguardo volante ti vide in manette
brillavano al sole come due biciclette
Sante Pollastri il tuo Giro è finito
e già si racconta che qualcuno ha tradito.

Quella notte non dormì perché non si sentiva più tanto spavaldo e la cosa gli bruciava, mentre il giorno dopo non dormì per i dolori al ginocchio.
Dopo due giorni la bicicletta gli venne rubata sotto casa, rimasta attaccata al palo.

Atac
L’ufficio legale dell’ATAC spa nega ogni responsabilità e compartecipazione in tale storia.

giovedì, marzo 08, 2007

16 ottobre 1968


Qualche volta si vince.
Contributo commemorativo.



sabato, marzo 03, 2007

IL BALLO DI SOFIA


h 23.45 eclissi lunare






venerdì, marzo 02, 2007

PULP BISCUITS

Mi chiede lingue di gatto.
Le ho sotto il banco.
Per lei solo code di topo.



domenica, febbraio 11, 2007

IL POST CHE NON C'E'


Mi è capitato qualche giorno fa di leggere un post di cui ho perso le tracce. In verità è probabile che mi sia immaginato tutto ma ho la ferma impressione che non sia così, perchè così mi piace. La cosa buffa è che ne è scaturita una strana sensazione. La sensazione che qualcuno stesse celando qualcosa. Che questa cosa, sia stata rimossa, nascosta per una ragione a me sconosciuta e questo le attribuiva un valore inestimabile. Per il semplice fatto di non capire mi sono convinto di essermi perso un tesoro o quantomeno la mappa per trovarlo.
Chi era costui? Quale mente diabolica aveva messo il sottoscritto in questa trappola, una ricerca allucinante di una verità presunta. Ho iniziato quindi a riflettere sul dilemma ma la mia memoria è riuscita solo a portare alla luce dei particolari che nulla avevano di prezioso.
Nella mia ricerca mi sono reso conto ti tante altre mancanze, di altri piccoli tesori che mi sono stati sottratti. Ho ripensato al mio nome che non ho più, che per uno stupido cavillo burocratico/linguistico è stato storpiato. Ho pensato alle foto di me bambino che non ho mai avuto e alla campari sul tetto che è stata rimossa, mi manca il senso della Nickel & Dime (messa al suo posto) e mi manca il sonno mentre penso a tutto ciò. Lo stesso è per certi amici miei che sono partiti lontano. Mi mancano loro, le partite a dadi, i pomeriggi ventosi al mare e un sacco di altre cose che si facevano allegramente.
Poi dopo tanto riflettere mi arriva una mail. Vi era allegata una foto. La foto della mia classe in quinta elementare (o giù di li) o quantomeno la foto di quella che sarebbe stata la mia classe se la sorte non mi avesse portato in un paese lontano chiamato Italia. E' in quella foto manco io.
“Costui” sono io. C'è una parte di me che probabilmente non esiste più o quantomeno si è nascosta molto bene e ha fatto di tutto perchè io stesso ne perdessi le tracce.
Arrivato a questo punto però, credo che non sia più importante. Probabilmente quel tesoro è sepolto da qualche parte, protetto dal fantasma di PapaGrisha, di Gringo, di Grex, di CasaOstia e CasaRoma e tanti altri ancora.
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Mentre sfogliavo, leggevo e ricercavo mi è capitata questa cosa fra le mani. E' una mail che ho scritto neanche tanto tempo fa, ma che ora mi sembra sancire la fine (o l'inizio) di un capitolo.
Quasi per esorcizzare quel fantasma vi ripropongo ciò che mi passava nella mente poco prima di diventare CasaRussia.
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IL RITORNO A CAVALLO DER MONNEZZA
Ecco ho finalmente capito tutto. Oddio, tutto tutto forse no, ma un certo puzzle sono riuscito a ricomporlo. Che sia io stesso l'autore di tali pazzie è fuori discussione ma tanto quello che conta è la fine!
Tutta questa faccenda inizia a Trastevere. Tempo addietro quando cominciavo la mia vita romana. Al Baccanale, il luogo che mi ha nutrito di affetto e di cibo (meno male) e di tante altre cose, insomma la conoscete tutti la storia di Toni e compagnia bella. V'era però un particolare che forse non tutti ricordano, una piccola scritta incomprensibile proprio sul muro dinanzi all'entrata. La prima cosa che si vedeva dal bancone era quella scritta, ci scervellammo per mesi, ma poco tempo prima della cessione del locale (noi ovviamente ancora non lo sapevamo) riuscii nell'intento. Siamo tutti un pò cavalli! Questo era scritto. Tante teorie si sciuparono al riguardo. Ma la verità era altra e io la sapevo, ma come spesso succede, un pò per vergogna, la tacevo e la custodivo gelosamente. Quello che diceva la scritta è che come i cavalli dormono in piedi noialtri nella nostra abitudinaria esistenza non cogliamo le occasioni che ci fluttuano sotto al naso. Non mi sentivo molto a mio agio sapendo ciò. Era come se l'umanità, ed Io per primo, dormivamo in piedi. All'epoca ero pervaso da infiniti emozioni dovute ad una vita nuova, mi sentivo piccolo piccolo ma affrontavo con testardaggine le avversità, ed era difficile. In più femmine nun ce ne stavano in quei dì e quindi era facile accostarsi, per un pò di conforto, su qualche teoria piagnucolenta e pessimista.
Tanta melma è passata sotto i ponti del Tevere da allora. Quell’anno ci fu la piena, sotto natale si potevano ammirare gli alberi spogli ma adornati di ogni genere di monnezza da cima a capo dopo che il fiume si era ritirato. A casa mia altrettanta monnezza si poteva trovare tra una posata e l'altra così come sotto al letto o accanto al bidè. Oramai la monnezza mi affascinava. La passione per i punka-besta e altre storie.
E stato faticoso ma mi sono fatto la pellaccia e continuo a stare in questa strana città in cui sono capitato per caso (e forse anche un pò per necessità) non avendola scelta la prima volta e accettandola dopo perchè era il massimo che potevo.
E sempre un pò faticoso ma ci si abitua a cose molto più terribili e si impara a convivere. Perchè tanto si ha una fiamma nel petto che è tutta tua e brilla anche se sei pezzente. Ok però pezzente rimani.
Al lavoro giovedì scorso sono riuscito a far scontrare (con elevata forza) uno spigolo(issimo) di metallo con il mio glorioso osso sacro, questo mi ha provocato un grande grende dolore. E' da giovedì notte che le uniche posizioni che posso prendere sono: supino a pancia in giù o in piedi. Il mio povero culo rotto non permette altre posizione pena dolori lancinanti e fulmini e saette
Mi sono abituato a fare tutto in piedi. Saggia decisione questa, dopo un giorno intero sdraiato a pancia in giù fumando e leggendo e nient'altro. Fumando e leggendo e nient'altro. Fumando e leggendo e nient'altro... Insomma afferrato il concetto, no? Insomma stavo lì (al lavoro) si proprio lì, sotto le scale che conducono dal bar al crocevia per la grande monnezzara! La Grande Monnezzara è uno spazio diviso (si fa per dire) in più vani ove si trovano le cucine (ironicamente al plurale) il magazzino e lo spazio dove si accatasta la monnezza di tutto il giorno che viene buttata prima di chiusura. Nonche il posto ufficiale attribuito ai nostri miseri corpi per cambiarci e rifocellarci (sempre che se ne abbia diritto). In verità solo i più temerari riescono ad avere il coraggio per mangiare in superficie (pena, se ti vedono i proprietari, sarebbe un probabile licenziamento) io ovviamente sono tra questi (ma magari me la danno una scusa...)
Ma stando in piedi e volendo mangiare comodo, senza privarmi della dignità di mangiare bene, poggiai quindi il mio piatto su una pila di casse d'acqua (a trenta centimetri dalla bocca). A sinistra di tali scale, col magazzino alle spalle e un filippino logorroico sulla destra. E stavo lì e masticavo piano. Piano. Mi godevo la mia ricca insalata colma di qualsiviglia leccornia commestibile vegetale esistente sulla terra. La masticavo piano. E in fondo, anche sfruttato, senza una donna (fissa), senza permesso di soggiorno e col culo rotto mi sentivo felice mentre appunto masticavo piano l'insalata sotto quella scala, all'imbocco della Grande Nonnezzara.
Questo da notarsi è una scena culminante della teoria LOW COST. Un giovane che mangia l'insalata al lavoro perchè a casa si fa la pasta che costa poco e non la devi lavà (i piatti so nartro paio di maniche) capì?
Insomma Mentre masticavo piano mi sentii un pò cavallo. In piedi ritto, incurante a masticare piano erba. Ero senz'altro un cavallo. E mi piacque. Forse era questo che l'autore di quel rompicapo (o di quel puzzle) intendesse dire. Che semplicemente siamo tutti un pò cavalli. Come si è un pò donna anche se si è uomini o un pò uomini pur essendo talvolta donne. O che discendiamo dai cavalli, non saprei.
Ancora non ho capito se il cavallo é LOW COST.
La monnezza fa schifo e puzza ma è LOW COST.
Un Bacio LOW COST!!

lunedì, febbraio 05, 2007

domenica, gennaio 28, 2007

BUGO HA SEMPRE RAGIONE


Bugo lo ascoltavo con Bak nei piovosi pomeriggi di fine estate di qualche anno fa. Aiutava a lottare contro l'automatismo, derivato da mesi di lavoro intensivo sotto al sole. I giorni più fortunati, quando pioveva, avevamo il permesso di chiudere prima. Si tornava quindi a casa, zuppi e senza la minima idea sul come passare il resto del pomeriggio, analizzando con sorpresa una prospettiva del tutto inattesa.
Ma siccome eravamo stanchi e incazzati si finiva inevitabilmente a casa mia, in attesa dell'ora prestabilita per il ritorno a casa dal lavoro. Si fumava e si ascoltava a ripetizione "Io mi rompo i coglioni" di Bugo. In uno di quei pomeriggi Bak mi insegnò un metodo per stare fatto senza fumare, in futoro mi sarebbe stato molto utile (nei momenti di smisurata povertà) ma con enorme sfortuna non ebbi mai esito positivo nei miei sporadici tentativi. Tempo dopo decisi di abbandonare la pratica invidiando silenziosamente le capacità del mio amico.
In tante altre occasioni Bugo ha regalato una colonna sonora d'eccezione. A RadioPazza "Casalingo" fungeva come inno alle pulizie. Queste si svolgevano (secondo un calcolo mirato al risparmio delle vitali forze fisiche e la salvaguardia di una mente priva di stress) raramente, ma ogni volta che l'intenzione animava gli animi Bugo ci metteva il granchio nel cervello e non se ne faceva più niente.
Che poi, a dire la verità, di Bugo ho ascoltato ben poco, ho solo quattro brani scaricati dalla rete. Si tratta di un rock versione Kurt Cobain novarese, demenziale, graffiante e rumoroso.
Ieri suonava a Roma. Non potevo mancare.
Al concerto di Bugo ho scoperto che il suo bassista (nonchè suo scopritore e in passato produttore) è Giorgio Canali, nonchè ex componente de CCCP e CSI. Si veste come uno dei Madness e ha l'età per esse padre a tutti gli altri componenti della banda.
Poi siccome Bugo nel suo ultimo disco ha duettato con una certa Violante Placido (in arte Viola), questa dopo un po salta sul palco. Bella come il sole intona tre brani alla Carla Bruni, con tanto di stivaletto e vestitino sexy. La platea composta maggiormente da uomini trasforma il "Circolo degli Artisti" nel "Circolo dei Maschilisti" attraverso ogni sorta di commento. Per fortuna al grido -Bugooo aiuuutaci- anche a lei viene da ridere, e si guadagna la simpatia di tutti.
Poi vabbè è finita così: a concerto finito io volevo scappare a Trastevere per un panino da Toni ma Lungo voleva rimanere ancora. Quando decidemmo di andare si scoprì che alla ragazza di Portu avevano fregato il cellulare e il portafoglio.
Oggi mi sono svegliato presto e di ottimo umore. Ancora eccitato dalla serata di ieri avevo deciso di dedicare il pomeriggio alla ricerca del lavoro. Che poi lavoro non ne ho trovato ma in compenso ho trovato l'erba e qualcosa da scrivere sul blog.

mercoledì, gennaio 24, 2007

STAGISTI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI



Cari amici, vi racconto la storia di un amico. Uno come tanti altri.
Giovane laureato, ottima conoscenza di lingua inglese e olandese con prolungata esperienza all'estero. Attualmente (...ancora) in stage, viene pescato da una azienda (leader nel settore della formazione ) dal suo database per un colloquio. Segue racconto in prima persona:

Ero sul treninio per Saxa Rubra. Non ero un dipendente rai, stavo andando ad un colloquio di lavoro, che avrebbe (forse) realizzato un mio sogno: fare il formatore.
Avevo preparato una lezione, su come il pregiudizio influenza la comunicazione. Portavo un caso d'eccellnza: l'Olanda. Mi trovo davanti ad una platea di psicologi incattiviti. Mi fanno il terzo grado, reggo e non mollo. Ribatto e concludo. Dura trenta minuti, un inferno. Alternano facce soddisfatte a segni di disoppravazione.
Mi dicono che loro non sono per tutti, mi disegnano una curva di Gauss e mi dicono -noi non vogliamo l'80 %, noi ci rivolgiamo ai veri creativi, quelli che stanno nel 20 % restante! Fine dell'ultimo colloquio, aspetto 20 minuti e mi chiamano da parte. Mi dicono che ho talento, mi chiedono alcune informazioni su alcuni dei loro valori e sull'appartenenza. Argomento una serie di cazzate plausibili. Mi insospettisco vorrei maggiori delucidazioni sulla retribuzione e sulle prospettive di carriera. Sono vaghi. Mi parlano dell'importanza dei loro clienti, dello status, di cazzate... Torno a casa camminando sul bordo della via Flaminia. Pesanti cammion e mercedes sfrecciano dietrio di me, fuori c'è il lusso e la villa di Claudia Cardinale alle spalle. Mi dirigo verso la fermata della cotral.
Il colloquio è andato bene e sono calmo e pensieroso. Il giorno dopo ricevo una telefonata, sono loro! Una simpatica psicologa di Barcellona si complimenta con me, aspetto in silenzio la magica frase. La proposta. Ma lei cambia tono e mi annuncia le loro perplessità su cosa io intendo per appartenenza. Io argomento ma basta bluff, faccio una domanda ben precisa "ma come si può parlare di appartenenza se ancora non ci si conosce? E le prospettive di carriera? E la retribuzione?"...
Mi dicono che cercano qualcuno disposto a lavorare pesantemente a progetto per almeno quattro anni.

Segue seguente lettera in risposta a tale offerta.

Cara ********,
dopo avervi conosciuto vorrei mettere una cosa in chiaro.Dopo tutte le menate sull'essere alternativi e non convenzionali in una cosa vi siete rivelati banalicome la peggiore delle società di consulenza. Davanti a domande chiare come retribuzione e aspettative di carriera siete stati evasivi, uscendovene con richieste assurde come l'appartenenza come presupposto per essere presi.Ebbene, se cercate una persona che per 1000 euro al mese rimanga a progetto per 4 anni,e chiamate questo "appartenenza", allora vi do un consiglio:Rivolgetevi ad Hetzbollah perchè li è pieno di persone pronte a farsi saltare in aria per voi.Ecco cosa cercate, non persone creative, futuristi d'impresa, bensì un nuovo tipo di superuomo,"L'idiota creativo", l'uomo pronto a lavorare a progetto, anche 12 ore al giorno, felice, ed appagato da un grande e profondo senso di appartenenza, che lo porta a non pensare più a cose banali come ad esempio...avere uno stipendio. In bocca al lupo.

Portu


Cari amici, questa è una triste testimonianza di come vanno certe cose in questo bel paese. E se non possiamo più contare almeno sul sostegno di Giovanni Lindo Ferretti, su chi possiamo riversare le nostre speranze?


domenica, gennaio 21, 2007

Veduta del Canion dal sesto piano di via Giovanni Volpato RM


Il "Bar la Notte" è stato sempre un posto fico. Accanto ha un sexy shop ed è situato in un grande incrocio, questo ha un semaforo, il più lento di Roma. Attraversare la strada sotto casa mia è una cosa pericolosa, un delirio di macchine, sempre. Ad ogni ora del giorno o della notte un chiassoso bazar festeggia il perenne pellegrinaggio a quelli de ...la Notte. Al bar la Notte ci sono sempre andato per comprare sigarette e vari accessori annessi, a qualsiasi ora. Inoltre non bevo caffè ma divoro schede omnitel da 10 euro. I gestori sono una famiglia numerosissima (ognuno con i suoi turni) non si ricordano mai di te (dopo un anno e passa) e storcono leggermente (ma sempre) la bocca quando chiedi le cartine -no corte, quelle lunghe! Uno dei baristi ha l'aspetto imponente e brutale di Frankenstai ma con un ghigno infame di taglliagola tagìco. Una volta con Bak aspettavo il suo ristretto e il mio dec, vidi uno scarafaggio sul bancone dei cornetti ed ebbi l'istinto (per solidarietà professionale) di comunicarlo con discrezione , al che il Tagliagole con una frustata di asciugamano ce lo tirò addosso, qualsiasi tentativo di fare giustizia sarebbe finito in tragedia e decidemmo di non protestare. Quel posto è stato sempre una ricca dispensa di rumori di vario genere. Tutti quelli che passano di qua trovano il tempo per fermarsi e produrre un suono. Clacson, motori, imprecazioni, strilli, scorregge, i fschietti e le sirene, innamorati e folli di vario genere. E tutto questo vibra tra il mio palazzo e quello di fronte come in un dipason, manco fosse il Grand Canyon. Il bar la Notte me lo sono sempre immaginato come uno di quegli incroci dove trovi il santone al quale domandare sulla direzione giusta. E tu sai che puoi fare una sola domanda e che questo un giorno dice il vero e l'altro il falso e tu non sai che giorno sia, il servizio si paga con un gettone da 2 euro.
Dal mio ritorno da Mosca molto di questo è scomparso e anche della scritta sul tetto ancora non si sa niente, ma in compenso il condominio dovrebbe diminuire e la "notte" non fa più casino. Ho avuto un atterraggio morbido, tutto sommato. Anche i fumi dell'alcool sono orami svaniti e al loro posto fumi e basta.